Tutto quello che compongono le suppelletili della Chiesa, la sua stessa architettura con le varie decorazioni, pur seguendo il gusto estetico che attraversa le epoche in cui riscontriamo una certa personalità, ma ancora prima ci devono richiamare alle realtà evangeliche.
L’ ornamento del simulacro, ha come intento principale quello di mettere in luce le virtù di fede che dobbiamo imitare nella venerazione delle immagini sacre, nel nostro caso di Santa Rosa.
La corona, il crocifisso, come tutti gli altri oggetti che le mettiamo servono a noi. Ammirando i santi possiamo benissimo compiere una meditazione e riscoprire la nostra fede. Vediamo Santa Rosa con in mano il crocifisso che ci deve far pensare all'importanza del mistero della croce nelle nostre azioni. Il grembiule, ci ricorda il miracolo del pane sottratto alle provviste di casa per darlo ai poveri, quando suo papà le ha chiesto cos'aveva nascosto dentro il grembiule, il pane si tramutò in rose. Il grembiule mi deve aiutare a ricordarmi della carità. Come cristiano sono come cembalo che tintinna senza la Carità! Santa Rosa indossa un mantello, esso ci richiama alla provvidenza di Dio. Il cingolo e il Rosario devono essere per noi catechesi e uno sprone alla preghiera e alla virtù della purezza.
Quest’anno abbiamo predisposto un cocchio.
In altre parti d'Italia viene chiamato “fercolo” parola di origine latina che significa “far vedere il sacro” che identificava un analogo strumento utilizzato per il trasporto o l’esposizione delle immagini degli dei.
Il più antico che la storia ricorda documentato è quello di Sant'Agata la martire di Catania città del nostro Arcivescovo. La tradizione narra che già dal 1126 il popolo catanese fa costruire un fercolo d'argento per il trasporto delle reliquie della sua patrona. Ancora oggi la Sicilia è la regione con maggior numero di fercoli. Opere maestose di vario materiale, argento, legno e addirittura d’oro, abbelliti durante i secoli soprattutto in epoca barocca. Portate ancora oggi in spalle da uomini o trainate da carri.
In Sardegna il più famoso è quello di Sant'Efisio nella duplice versione, quello chiamato “cocchio di campagna” del 1700 e quello di ampio gusto barocco conosciuto come “cocchio di città o di gala”. Di notevole bellezza il cocchio della Madonna d’Itria di Villamar di metà 800’, è realizzato in legno intagliato, policromato e dorato, ed è considerata una delle più grandi e originali opere tra quelle prodotte dalla scuola pistoiese.
Di diversa fattura, non meno solenne, ricordiamo: Santa Greca, l’attuale del 1929 commissionato alla ditta Anzellotti di Napoli, che sostituì uno precedentemente di epoca 800’. Altri li troviamo: Villasor, San Sperate, Siurgus Donigala, Villasalto, Pirri (per fare qualche esempio) ove il simulacro dentro la sua teca dorata viene portato in spalle.
Oltre questi tutt’ora in uso si deve constatare da foto antiche che altri sono andati in disuso altri hanno subito l’usura del tempo e la diversità di gusto estetico portando alla totale scomparsa o alla sostituzione con altra fattura.
Anche a Nurri fino agli anni 70’ si ricorda il cocchio di “Sant’Elia”, probabilmente in epoca passata utilizzato anche per altre festività. Per questo motivo è nata l’idea della progettazione e realizzazione del nuovo “cocchio”, è nato il desiderio di non dimenticare la storia. Abbiamo recuperato la corona del “cocchio di Sant'Elia” che è stata restaurata e messa sulla sommità della nuova opera. Un falegname-artista (A.Pinna) locale ha messo in moto la sua arte con varie ricerche sugli stili.
Anche il cocchio oltre il livello estetico ha una funzione catechetica, mi deve riportare alla vita gloriosa che il Santo partecipa nell'eterna visione di Dio in paradiso, spronarmi alla sua imitazione per desiderare anche per me il cielo.
Il cocchio è di legno, mi ricorda la croce di nostro signore Gesù Cristo. Per raggiungere la gloria del paradiso la nostra vita passa attraverso l’accoglienza della croce del Signore. Fattore sottolineato dal fatto che nella sommità del cocchio vediamo la croce, con nota aggiuntiva della data, è Lui il Signore della storia, anche oggi.
Il dorato: colore che esprime la gloria di Dio, in tempi passati i santi venivano addirittura vestiti con abiti dorati, la tecnica prendeva il nome di “estovado de oro” non era solamente necessità di un gusto estetico ma era basata sul fatto che tutti ci dobbiamo rivestire di Cristo dobbiamo tendere al paradiso e la lamina d’oro era un segno eloquente.
La corona per san Paolo era segno del raggiungimento della corsa per Cristo. Certo san Paolo si riferiva alla corona in Alloro di cui venivano adornati i vincitori ma nei secoli la corona ha acquisito nuove forme.
Che questo cocchio risvegli in noi il desiderio di essere un giorno insieme a Santa Rosa nella gloria dei cieli praticando una vita cristiana.
Vi invito a fare una meditazione con lo sguardo, un fioretto a Santa Rosa : ogni giorno fissa nella tua mente un oggetto: un giorno fisso il crocifisso, un giorno noto il mantello, un giorno vedo il cingolo, un giorno vedo il Rosario, e chiediamoci cosa mi vuole ricordare quell’oggetto, cosa del mio rapporto con Dio e con i fratelli mi ricorda, penso che sarà un passo in più per la nostra conversione.
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