Continuiamo il nostro cammino alla scuola di Giovanni Climaco e gli antichi starets, così venivano chiamati gli uomini che si ritiravano dal mondo per vivere della sola ricerca del Signore in comunità o completamente in solitudine. Quella condizione di vita era il luogo della palestra per esercitarsi nella via della santità e nel dominio delle proprie passioni teso alla piena comunione con Dio e necessarie per vivere assieme ai fratelli “chi vive con dei fratelli non deve essere come un cubo, ma una sfera, per poter rotolare incontro a tutti”, gli spigoli del cubo sono le imperfezioni dell’anima come le proprie debolezze. Quei luoghi spesso impervi diventavano mete di pellegrinaggio per ascoltare anche solo una parola che parlasse di Dio. I monaci insegnavano e ci insegnano la cura della nostra anima. Essa come il corpo si può ammalare, infettare. Noi al giorno d’oggi siamo propensi a considerare come importante solo ciò che ha una espressione all’esterno cioè che produce una conseguenza verificabile e che danneggia il prossimo. Lo ricordava Gesù nel Vangelo, ciò che contamina l’uomo viene dal di dentro (Mc.7,18). Quelle di GC sono indicazioni precise e puntuali che partono dal di dentro, dall’analisi di quelli che sono i movimenti dell’anima. “La vanagloria è scaturita dal desiderio delle lodi. La non irascibilità è una vittoria sulla natura che si ottiene con lotte e sudori rimanendo insensibili agli oltraggi. La mitezza è una condizione di immobilità dell’anima che rimane costante sia nelle umiliazioni che negli onori…l’ira è un odio nascosto covato a lungo nel cuore, ovvero il ricordo di un rancore. L’ira è il desiderio di fare del male a chi ci ha irritato”. Il cammino di guarigione (purificazione, santità, cristificazione) dell’anima non è netto ma ha una gradualità, così pure la non irascibilità che porta a esprimersi sia con sentimenti del cuore come anche all’esterno nel modo di comportarsi. L’inizio è il “silenzio delle labbra di fronte al turbamento del cuore”, l’intermedio è “il silenzio dei pensieri di fronte a un semplice turbamento dell’animo”, il grado più perfetto “è una tranquillità imperturbabile in mezzo alla furia dei venti impuri”. La violenza ha sede nell’anima, viene covata nel cuore ma diventa “ancora più grave manifestare con le labbra la violenza che si ha nell’anima; ma venire alle mani è del tutto contrario ed estraneo alla vita monastica, angelica, divina”. L’invito è seguire la beata mitezza accogliendo le umiliazioni con amarezza e dolore nell’anima, ma saremmo più virtuosi se le sopportassimo senza dolore. Solo perfettamente, anche GC afferma “se esiste”, è considerarle come onori. “Rallegrati, tu che sei nella prima condizione! Fatti forza, tu che sei nella seconda! E beato te che sei nella terza condizione, perché esulti nel Signore!”
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