Siamo riuniti per iniziare oggi un'unica celebrazione! Motivo del nostro essere qui è solamente uno: “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”, ci auguriamo solo questo in questi giorni: sentirsi amati. L’uomo può fare a meno di tante cose ma non dell’amore. Contempliamo la risposta di Dio dinanzi al male, dinanzi al mio peccato “Egli lo rende puro mediante il dono di se stesso” (Ben.XVI). E’ un amore che si spinge alla follia di dare la vita, di perdere la vita un’ immediato guadagno.
L’apostolo ed evangelista Giovanni ci narra che di fronte all’azione terribile del diavolo che era riuscito ad entrare nel cuore di Giuda “Aveva già messo in cuore a Giuda, di tradirlo”. Dinanzi a questo fatto, Gesù “ si alzò da tavola, depose le sue vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita”.
Gesù si spoglia delle vesti. In Un Dio che si spoglia che “non considerò un tesoro geloso l’essere Dio ma spogliò sé stesso” e ora assume la condizione di servo. Servo di cosa? Non di sé stesso, ma dell’uomo, servo per me, per la mia salvezza! Depone le vesti e si cinge un asciugatoio! “Versò dell’acqua nel catino e comincio a lavare i piedi dei suoi discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio di cui si era cinto” Gesù si mette a lavare i piedi, la parte più impura del corpo, addirittura le persone facoltose facevano fare questo a degli schiavi. I piedi, ciò che è più a contatto con la terra che rimanda alla situazione del peccato, del compromesso con il mondo. San Agostino commenta “Abbiamo bisogno di lavarci i piedi cioè di dirigere i nostri passi sulla via della salvezza, abbiamo bisogno e Lui il salvatore ogni giorno ci lava i piedi colui che intercede per noi”. Pietro rimane spaventato, interdetto, rimane senza fiato non può comprendere cosa sta facendo Gesù! Cosa sta compiendo il Maestro. Un gesto quello del Signore che purifica i suoi discepoli, li salva, li santifica.
Oggi il Signore passa e lava i nostri piedi stanchi, sporchi dai compromessi con il mondo, sporchi dalle nostre autosufficienze. “All’inizio della vita cristiana non sta il nostro fare la nostra capacità morale. Cristianesimo è anzitutto dono: Dio si dona a noi- non dà qualcosa, ma sé stesso” (BEN.XVI), Ecco il primo aspetto, quello che i padri chiamarono sacramentum.
Anche questa sera il Signore si mette dalla parte del servo:
- Istituisce il Sacerdozio ordinato per rendere partecipi della sua opera di salvezza non eroi, non i migliori, ma persone che funzionano solo se toccate dalla Sua Grazia!
- Ci dona l’Eucarestia come cibo per alimentare la nostra anima, per essere rimedio e difesa dell’anima e del corpo.
- Ci dona il suo perdono nella certezza di essere amati nonostante le insufficienze.
Non dimentichiamoci mai di questo primo aspetto, non riusciremo e non potremmo vedere il secondo aspetto l’exemplum. Il Signore ci ha dato l’esempio perché ne seguiamo le orme. La vita cristiana non è fondata sulla convenienza e né tanto meno sul guadagno ma sul servizio. Quanto ne abbiamo bisogno oggi dove tutto si paga se non con i soldi con un contraccambio affettivo. Il servizio è il fondamento del cristianesimo, dell’essere discepoli del Signore, si è discepoli senza risparmi, senza trattenere nulla per sé, senza avere paura di essere declassati o di essere usati. Il Signore per mezzo del quale tutte le cose furono create si china sui piedi dell’uomo, si fa schiavo, dona tutto se stesso. Non teme di rendersi vulnerabile, di consegnarsi e di morire per i suoi discepoli. Non temiamo neppure di noi di diventare vulnerabili, di consegnare la vita, nella quotidianità, nel lavoro, in famiglia, a scuola, nelle varie condizioni di vita.
Commenti
Posta un commento