4. L'ABBANDONO

 Continuando la lettura del libro di GC, ci soffermiamo su un concetto molto comune nella letteratura dei Padri del deserto: L’Estraneità, che consiste nell’abbandono definitivo di tutto ciò che è di ostacolo per raggiungere lo scopo dell’unione con Dio. Questo concetto è difficile da comprendere per noi che pensiamo che tutto ciò che ci passa sott’occhio lo possiamo prendere liberante e farne uso. I padri del deserto sono invece convinti che alcune cose e addirittura alcuni rapporti siano un pericolo per coloro che si apprestano a seguire più da vicino il Signore. L’estraneità infatti non riguarda solamente il possedere delle cose o meno ma addirittura abbraccia la sfera dei rapporti. L’estraneità per GC è assenza di familiarità. L’essere straniero è un concetto già espresso da san Paolo “il cristiano non ha quaggiù una dimora, egli è straniero sulla terra non soltanto perché essa appartiene a Dio solo, ma perché egli è cittadino della patria celeste”. GC traccia le linee fondamentali dell’estraneità: “chi si è fatto straniero a motivo del Signore, non deve più essere attaccato a niente, perché non risulti che fa il vagabondo a motivo delle proprie passioni. Chi dunque è straniero al mondo, non si accosti più al mondo, perché le passioni ritornano facilmente”. L’estraneità è possibile solamente per un atto di volontà, per il desiderio di seguire più da vicino il Signore. Non è una scelta leggera ma un introdursi al combattimento, infatti i nostri nemici ci muoveranno guerra per non farci separare dal mondo, mettendo nei nostri pensieri le difficoltà di tale modo di vivere e le complicanze dell’abbandono di tali cose o persone. L’esempio di virtù è Lot che in fuga da Sodoma non si volse indietro, al contrario sua moglie lo fece divenendo una statua di sale “un’ anima, che torna là donde è venuta, diventerà insipida come il sale e rimarrà immobile per il resto del tempo”. Come abbiamo sottolineato fin dagli inizi del nostro discorso, se queste parole sono state scritte per chi è chiamato a una speciale consacrazione e appartenenza al Signore non possono non illuminare la nostra vita, infatti nell’intento di questi padri vi era l’intenzione di vivere perfettamente il cristianesimo. Un altro grande santo, Ignazio di Loyola prendendo spunto dalla letteratura dei Padri del deserto nei suoi esercizi spirituali propone come legge principale per colui che vuole essere compagno del Signore “E’ necessario farci indifferenti verso tutte le cose create...solamente desiderando e scegliendo ciò che più ci conduce al fine per cui siamo creati”. C’è allora da chiedersi anche nel nostro stato di vita come viviamo l’estraneità, quale sia il nostro rapporto con le cose create e con le persone, non per il disprezzo ma per il giusto posto nella nostra vita e su come esse ci aiutano nel nostro progredire nella santità e nella imitazione di Cristo.



 


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