Al primo ritiro mi accompagnò lui, era contento della mia scelta, appena sceso dalla macchina Mons. Mani mi chiese se fosse mio padre, gli dissi semplicemente “No, lui è Lucio”.
Si proprio così, lui era Lucio,
così era conosciuto in paese e il suo nome diceva tanto di quello che faceva, chi era, ma non riusciva a contenere cosa sognava.
Era stato per tanti un grande
amico e un maestro. Capace di trasformare una tavola di legno con quattro ruote
in un rimorchio da montare nella bicicletta, capace con un pezzo di filo di
ferro di aggiustare una catena di bicicletta rotta. Ma soprattutto era un
amico, capace di scherzare, di rapirti con i suoi racconti ma allo stesso tempo
vicino nella difficoltà e fermo nei rimproveri quando erano necessari.
Era difficile andare dietro alle
sue idee, sempre nuove, sempre capaci di suscitare perplessità e meraviglia una
volta completate. Era un uomo di una grande fede, aveva iniziato il cammino per
arrivare al diaconato non senza difficoltà. Era stato istituito accolito ma
alla fine Gesù lo aveva costituito diacono da sempre nella sua vita. Sempre a
servizio, in modo particolare dei giovani, sempre pronto ad accogliere, a stare
dalla parte dei ragazzi. E’ stato a servizio anche in parrocchia, un servizio
umile, sempre in disparte perché non amava mettersi in mostra e alcune
circostanze lo hanno aiutato in questo: non sempre i buoni trovano bontà. Alcune
volte gli dissi che non poteva sopportare certe situazioni e lui mi disse,
tirando fuori il crocefisso della sua corona del rosario: Lui ci insegna a fare
così! Quello stesso crocifisso risorto oggi lo avrà sicuramente accolto in
paradiso perché ha saputo essere: Lucio.
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