Questa Domenica, Gesù riprende nei suoi discorsi un’immagine tanto
cara al popolo ebraico: quella del pastore. Con una più attenta lettura il
centro di questo discorso non è la figura del pastore ma i vantaggi della
pecora.Una volta incontrai un pastore sulla via del ritorno dopo il pranzo
pasquale a casa dei miei genitori, lo salutai e gli chiesi come mai si trovasse
anche in quel giorno con il suo gregge. Lui con voce ferma e decisa mi disse “le
pecore mangiano anche i giorni di festa, don Fabrizio per noi non esistono i
giorni in cui non si lavora”. Il pastore regola la sua vita in funzione delle
esigenze del suo gregge. Sono varie le occupazioni del pastore: scegliere il
miglior pascolo, riconoscere lo stato di salute anche con uno sguardo, creare un
recinto dove poterle proteggere. Gesù si proclama il buon pastore che non da
qualcosa di esterno ma addirittura “dà la vita per le pecore”. È questo il
punto fondamentale; finché non riusciamo a comprendere che la legge di Dio è
data a noi per la nostra salvezza, per il nostro benessere non potremo essere
cristiani realmente. Vedremo il recinto come una privazione, come un non poter
esprimere la libertà. Abbiamo in questo tempo la possibilità di poter
comprendere il nesso tra legge e libertà: posso stare a casa percependolo come
privazione della libertà personale o come opportunità per preservare la mia salute
e quella di coloro a cui voglio bene. Nel primo caso non solo vivrò come un’ingiustizia
la situazione ma cercherò di interpretare le leggi per poter trovare le
giustificazioni possibili e impossibili. Se invece mi accorgo che ciò è per la
mia salvezza, starò a casa con difficoltà ma lo accetterò di vero cuore anzi mi
verranno anche sentimenti di grazie. Il Signore ci offre un’occasione per la
nostra salvezza sta a noi accoglierla come tale…ma è necessario, ci
ricorderebbe San Agostino, conoscerla …per poterla amare.
Buona scoperta...
Don Fabrizio
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