COMMENTO AL VANGELO DI MARCO 10,17-30 28° DOM. DEL T.O. 11 OTTOBRE 2015
E’ una delle pagine più
impegnative del Vangelo.
Un uomo ricco corre incontro verso il Signore. Chissà
quanto ha desiderato questo incontro, giunto innanzi al Signore si mette in ginocchio, riconosce Gesù
come una autorità, forse come Messia dispensatore dei doni di Dio.
Non va per richiedere la
guarigione ma pone a Gesù una domanda impegnativa “cosa deve fare per ereditare la vita eterna?”. Quest’uomo non
chiede al Signore solamente un posto in paradiso, nella sua vita aveva ottenuto
tutto, sicuramente con il lavoro onesto e con il sacrificio. Infatti ha
osservato tutti i comandamenti. E’ un uomo in regola con Dio e anche con il
prossimo. La sua vita potrebbe procedere bene così, ma ciò che ha conquistato
nella sua vita non gli basta! Ecco perché si reca da Gesù e lo fa di corsa!
Le sue conquiste e i suoi denari non
gli bastano, non colmano tutto il bisogno di felicità, non appagano il suo
rapporto con Dio non soddisfano tutto il suo desiderio di sentirsi realmente
vivere. E’ un uomo dai grandi ideali non vuole che la sua vita gli scivoli via
senza che lui se ne accorga ne vuole essere il protagonista.
Bellissima la descrizione
dell’incontro con il Signore. Gesù con solo lo guarda ma addirittura “fissa lo sguardo”. Immaginiamolo questo
sguardo del Signore. L’incontro non si ferma al solo sguardo, l’evangelista ci
dice che Gesù “lo amò”. Quest’uomo
entra nel cuore del Salvatore. Questo incontro di sguardi si approfondisce con
Gesù che prende la parola, una parola che salva e in quanto tale che viene
proposta all'uomo: “una cosa ti manca: va
vendi quello che hai e dallo ai poveri poi vieni e seguimi”
Capita spesso anche noi, di
desiderare tanto qualcosa e poi una volta ottenuta non è che rimaniamo tanto contenti,
non rimaniamo appagati, c’è sempre qualcosa che occupa i nostri desideri.
Gesù pone la povertà come
condizione per seguirlo. Chi segue Gesù deve essere povero. Il Cristiano deve
essere povero, ma non la povertà causata dall'ingiustizia sociale, quella
bisogna combatterla.
La povertà evangelica è libera e
personale essa viene dal cuore.
Questa povertà mi fa aprire la
mia vita, i miei doni agli altri. E’ la povertà che volontariamente combatte il
mio istinto ad accumulare, a preservare ciò che possiedo, ciò che sono.
Quest’uomo del vangelo non riesce
a fare il salto, non riesce a cogliere la trappola dei legami che le cose della
terra provocano nel nostro cuore. Quest’uomo si allontana da Gesù continuando a
portare nella sua vita la sicurezza umana ma anche tanta tristezza che
addirittura gli rendono il volto scuro.
Chi è ricco e alcune volte non si
tratta solamente di soldi o di grandi possessi, ma anche di se stesso, non si
può aprire agli altri ma primariamente non si apre a Dio. Chi non manca di
nulla nella sua vita, chi è troppo attaccato al suo riposo al suo svago, ai
suoi altri impegni difficilmente sentirà il bisogno di pregare di recarsi a Messa,
di incontrarsi con Dio e con gli altri suo fratelli nella fede.
Chiediamo il coraggio a Gesù di
poter avere il coraggio di fidarci del Signore, delle sue promesse di vita
eterna, di vita piena, di felicità e di purificare il nostro cuore.
Buona Domenica
Don Fabrizio
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