“ Va vendi quello che hai …”
Continuiamo il nostro itinerario, “nostro” perché strettamente
personale. Chi non si riconosce nel tale, senza nome e senza un volto del Vangelo, ma desideroso di
avere una vita piena, una vita felice, una vita che consente la sera di andare
soddisfatti a letto non solo per quello che abbiamo fatto ma per quello che
siamo e non per quello che ci siamo forzati di essere. Chi non desidera una
vita che non solo si vive ma diventa parte di noi perché in un certo senso ne
siamo i primi protagonisti.
Una parola ci accompagna: “ va vendi quello che hai” ,questa parola è per noi, nessuno si può
sentire escluso. Il Signore Gesù ci invita a guardare le nostre ricchezze, quelle
vere che non sono materiali ma sono quelle profonde che mi fanno essere unico ,
quelle che mi caratterizzano.
Quelle che al momento della tua creazione ha fatto esclamare
a Dio stesso “ E’ cosa molto buona”. Dobbiamo riscoprire di avere una ricchezza
immensa data dal creatore, quanta esigenza di questo in un tempo dove la
depressione, il mal di vivere sembra
prendere il sopravvento autoconvincendoci che siamo degli incapaci . Una sorta
di pensiero malefico si insinua sempre di più nella nostra esistenza cercando
di affermare che l’uomo non è capace del bene, dell’onestà , dell’amore … che
nella vita è bene guardarsi da tutti e non fidarsi di nessuno, neppure di se
stessi.
Il primo passo fondamentale è CERCARE E TROVARE LE MIE
RICCHEZZE, te l’ho detto prima guarda a quelle dell’animo, quelle che non sono
attaccate dalla ruggine, a quelle che non passano … la prossima volta che ci incontreremo vedremmo
cosa ne dobbiamo fare …
Don Fabrizio
Appena diventati ricchi, abbiamo cominciato a fare da subito le cose da ricchi, le mode da ricchi, atteggiamenti che si imparano facilmente e senza bisogno di una scuola superiore o particolare.
RispondiEliminaOggi, dopo tanti anni di allegra spensieratezza, ad un certo punto, ci dicono che siamo diventati poveri; non siamo più ricchi; non solo, ma. Forse, non lo siamo stati mai.
Allora Caro Gesù, fa che i nostri cuori malati, possano di nuovo avere la speranza e la capacità di fare un grande passo indietro, spogliarsi dell’orgoglio e vestirsi di umiltà.
Oggi basta vedere un telegiornale per dire che sono tutti uguali; ma non solo quelli del giorno, ma anche quelli del giorno prima e quelli del giorno dopo: catastrofi finanziarie, default, interessi alle stelle sui buoni dello Stato; le banche si chiudono a riccio e non concedono alle imprese, che mai come in questo momento sono in debito di ossigeno, e bisognose di aiuto; i lavoratori che vorrebbero aumentati i loro salari per poter così spendere di più, nella speranza di far ripartire l’economia, vista non più come mezzo, ma come fine
Nessuno si rende conto che stiamo sul filo del rasoio e che si rischia un blocco dell’economia globale; non si fa che ripetere che “dovremmo promuovere la crescita, rilanciare i consumi, promuovere lo sviluppo, produrre nuova ricchezza”: nulla di più sbagliato, tutto ciò non farebbe che rimandare il cosiddetto default, parola che non conoscevo, ma che rende bene l’idea del cosiddetto “non ritorno” che altro non è poi che la assenza di capacità di recupero, la morte della speranza …
Non impareremo mai, non ci rendiamo conto che la situazione è gravissima, e nonostante ciò, si pensa di recuperare e di risolvere i problemi con gli stessi criteri, “creare nuova ricchezza”, ripetendo così gli stessi errori, anzi aumentando l’altezza di volo per fare il botto più grosso, oserei dire …
Dovremmo renderci conto che la salvezza, non può che venire dal nostro interno, dalla nostra capacità di reagire, dalla nostra capacità di saper ripartire anche dalla povertà. Si, povertà non tanto dal punto di vista economico, ma povertà intesa come Virtù.
Povertà che tu stesso Gesù ci hai insegnato e trasmesso con l’esempio della tua nascita, tu che potevi essere accolto come un principe, con schiere di angeli che ti scortavano, alloggiare nei migliori alberghi del regno, ma che invece sei nato povero, al freddo e al gelo in una capanna…
Sì, povertà come virtù si diceva, che abbassa il volo dell’IO e che in caso di caduta, ci consente di non farci male e di rialzarci in fretta. Ma soprattutto, se accompagnata da un pizzico di umiltà, ci consentirebbe di ripartire alla grande, dal basso, si ma basso, basso, basso, anzi addirittura, all’occorrenza, dovendo “scendere in campo”, non scendere come molti per prediche e comizi, o per sostenere valori astratti, di cui abbiamo perso coscienza, ma scendere in campo per ri-iniziare, con umiltà, anche zappando la terra, come hanno fatto i nostri genitori.
Senza voler tanto esagerare, comunque, nel nostro piccolo, Signore, insegnaci a scrollarci di dosso il “superfluo”, e soprattutto insegnaci a ritrovare una “giusta misura del necessario”, privandoci del “vero” superfluo.
Renzo Dell’Uomo